lunedì 23 luglio 2012

riceviamo da tuscia web continuano le precisazioni dei fuoriusciti dal Pd Viterbese



 Politica - Maria Immordino, fuoriuscita dal Pd, ai dirigenti del suo ex partito

Ecco perché siete rimasti soli…





Maria Immordino







Riceviamo e pubblichiamo - Iscriversi e lavorare in un partito vuol dire scegliere da che parte stare.



Non si può vivere nell’indifferenza, coltivando il proprio orticello, ignorando idee, valori, principi sui quali si reggono le civiltà e le democrazie più avanzate. Chi ha potere, privilegi, cospicue risorse finanziarie, non è disposto a cederne neanche una piccola parte (storia docet), per favorire l’equilibrio sociale che nasce da un’equa distribuzione delle risorse economiche e dalla realizzazione di quei principi presenti, oggi, nella nostra Costituzione, unica protezione per noi, persone del popolo, che non siamo né ricche né potenti.



I partiti popolari sono nati per organizzare la parte indifesa (la più numerosa) della società, per il riconoscimento dei diritti fondamentali e per partecipare al governo.



E oggi? Mi sembra che i potenti gruppi economici (oltre al mercato, alla speculazione finanziaria etc,) abbiano ripreso il sopravvento, ricacciando indietro fasce popolari consistenti (c’è la crisi, è giusto che paghiamo noi che non abbiamo mai scialato…).



E i partiti? Si sono distrutti da sé, travolti dalla corruzione, da finanziamenti leciti-illeciti che non bastano mai, dall’autoreferenzialità, da brama di potere personale, dall’uso clientelare della politica, dall’adeguarsi a un sistema formato da un sottobosco che, per interesse di pochi, condiziona l’azione politica e la realizzazione del bene comune.



I partiti stanno trascinando, nella loro caduta, anche i principi democratici e la gente si allontana disgustata dalla politica. In questo modo si lascia agli avventurieri, ai mediocri (fatta qualche eccezione), ai freddi professionisti, il potere di decidere e condizionare la vita, la serenità e il futuro di tutti noi.



C’è ancora una fiammella di democrazia, non permettiamo che si spenga. Noi, persone del popolo, siamo molti di più: perciò possiamo far leva sul nostro numero per cambiare le cose. Dipende da noi.



E il Pd? La gente dice: sono tutti uguali. Noi, ex iscritti, abbiamo sopportato che si votassero la “riforma” delle pensioni, del lavoro, i tagli alla sanità, alla scuola pubblica (per la privata qualche euro c’è), che si sostenesse un governo non votato da noi (c’è la crisi, siamo sull’orlo del baratro, non abbiamo la maggioranza in Parlamento, noi siamo responsabili etc.)



Non si è approfittato della possibilità di togliere a Berlusconi l’arma della maggioranza che condiziona la riforma della giustizia, la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, piaghe della nostra nazione. Ora ci si allea con l’Udc (Cuffaro e altri) e non con gli elettori.



I dirigenti non riescono a cambiare mentalità e a pensare a qualcosa di nuovo, di diverso, di coraggioso. Come potrebbero? Sono cresciuti così, all’interno del sistema e vissuti nella loro torre d’avorio, a parlarsi tra di loro. Non ho mai sentito un dirigente che, in un incontro con noi della base, abbia detto: ”Oggi sono venuto per ascoltare”.



Riconquistare la stima e la fiducia dei cittadini (si è ancora in tempo?) richiede cambiamenti di dirigenti, di mentalità, di comportamenti, di linguaggio, costruzione di rapporti veri, coltivati giorno dopo giorno, con un lavoro serio, continuo, organizzato, con persone in grado di farlo e che sanno coinvolgere e parlare a gente che non vuole più ascoltare.



I dirigenti si mobilitano a ridosso delle elezioni. Arrivano trafelati, facendo il giro delle sette chiese, dicendo delle banalità e ripartendo subito perché non c’è tempo. Dibattito? Sarebbe bello… ma non si può, arrivederci e votateci.



Poi si meravigliano se, guardandosi indietro, non c’è più nessuno a seguirli e allora danno la colpa a una serie di motivi. Azzeccassero mai la causa giusta. Non ci riescono proprio. E niente cambia.



Si parla di “offerta” politica. Offerta? Stiamo forse vendendo tappeti o elettrodomestici? La politica ridotta a un prodotto da piazzare, che tristezza…



Io, che sono ingenua e non mi rassegno, penso che la politica sia l’arte del governare, svolta da persone di elevato spessore umano, culturale e politico, capaci di dire di no a tentazioni personalistiche e di corruttele e che abbiano a cuore, oltre al proprio, il benessere del popolo (in tutte le sue componenti) che sono chiamati a governare. Chiedo troppo?



Maria Immordino

Fuoruscita delusa dal Pd, ma non rassegnata e impegnata,

con tanti altri oltre a Franco Marinelli,

nel progetto portato avanti dalla lista civica Solidarietà cittadina



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