sabato 8 ottobre 2011

L'intervento del consigliere di Alternativa Civica Daniela Garganti


ART. 21 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

In tutt’Italia pare che i consiglieri comunali temano per la manipolazione della loro immagine da parte dei cittadini forniti di videocamera!

In tutt’Italia i comuni approvano regolamenti comunali che consentono la video sorveglianza delle strade e dei quartieri, e deliberano di far piazzare telecamere sugli snodi stradali e sui semafori… però, se l’immagine dei cittadini “per motivi di sicurezza” è catturabile, la loro, seppure nelle veste di pubblici rappresentanti, è difficile da diffondere!

Non sembra lecita neanche la pretesa di vedere poi pubblicate per intero le riprese (affermando che altrimenti potrebbero essere manipolate) perché esistono già norme sulla diffusione delle notizie (anche video) che tutelano le persone da manipolazioni e quindi altre limitazioni eserciterebbero una censura suppletiva alla libertà garantita a tutti (anche ai non professionisti) di riportare frasi e avvenimenti nella loro peculiarità. Sarebbe giusto quindi anche ammettere la pubblicazione su web di parti delle sedute consiliari (votazioni, interpellanze e risposte ad esse ecc.) senza dover caricare sul web pesanti files omnicomprensivi.

A questo proposito di è espresso anche l’Ordine dei giornalisti del Veneto per: “Un provvedimento che limita pesantemente il dritto di cronaca e di critica sancito dalla Costituzione e che cerca di introdurre un pericoloso principio di censura preventiva.

Il regolamento vieta la “diffusione parziale delle riprese effettuate in quanto in contrasto con le finalità dell’informazione pubblica completa e trasparente”, e vieta di “esprimere opinioni o commenti durante le riprese”: esattamente il contrario di quanto stabilito dallo stesso Garante della privacy”.

Traspare in questo regolamento, che si va ad approvare, la diffusa antipatia dei politici per i mezzi di comunicazione di massa, nel momento i cui questi sono gestiti dai cittadini, e prelude ad atteggiamenti pre-censori che ignorano volutamente l’esistenza di leggi che garantiscono comunque a tutti la tutela da manipolazioni o tentativi di diffamazione tramite l’uso di dichiarazioni ed immagini, volendo invece imporre norme in più per ostacolare l’esercizio del diritto di cronaca.
Va ricordato infatti che l’onore e la reputazione sono protetti dall’art. 595 del codice penale. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa -giornali, televisione, altri mezzi di informazione- o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità -tipo Internet-, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni. Nel caso di diffamazione connessa col mezzo della stampa, televisivo o radiofonico, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è la reclusione da uno a sei anni. Peggio che per i bancarottieri!
Di cosa si preoccupano i consiglieri di maggioranza?

Il Garante per la protezione dei dati personali ha dato un parere, già nel lontano 2001, in materia di riprese audiovisive dei consigli comunali, a favore della loro legittimità.

Secondo il Garante, “è possibile documentare via Internet lo svolgimento delle sedute pubbliche del consiglio comunale, purché i presenti ne siano informati e non vengano diffusi dati sensibili“.

Secondo il Garante, le sedute del Consiglio comunale sono pubbliche e, come tali, non può proibirsene la ripresa invocando il rispetto della legge in materia di trattamento di dati personali.

Qualora venga dibattuto un argomento che tratti di dati sensibili è lo stesso sindaco, provvedendo ad allontanare il pubblico presente in aula, dichiara che il Consiglio comunale delibera a porte chiuse.

Art. 4. Solo previa autorizzazione del presidente.
Il diritto costituzionale non può essere soggetto ad autorizzazione.

Art. 5 Ciascun consigliere in occasione del proprio intervento ha il diritto di manifestare il proprio dissenso alle riprese ed alla divulgazione della propria immagine durante la seduta consiliare.
Il consigliere comunale ha fatto una scelta a monte, quando ha accettato prima la candidatura e poi la nomina, che lo pone istituzionalmente al servizio del cittadino (art. 98 della Costituzione).

In linea di principio quindi l’eletto diventa, nei limiti della sua funzione, personaggio “pubblico”, per cui il normale diritto alla privacy resta attenuato, essendo cedevole, rispetto al concorrente diritto del cittadino di essere informato di come l’eletto adempia le funzioni assegnategli.

Il d. lgs. 30/06/2006 n. 193 (codice sul trattamento dei dati personali) all’art. 1 dispone che chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano e che, peraltro, le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque è addetto ad una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale.

Art. 7 E’ vietata la registrazione, la diffusione anche parziale delle riprese effettuate in quanto in contrasto con le finalità dell’informazione pubblica, completa e trasparente.

Cosa ci sia in una registrazione parziale che contrasta con le finalità dell’informazione pubblica, completa e trasparente non è dato sapere.
Con questo criterio i TG non dovrebbero riportare solo spezzoni di interventi dei politici. I giornali dovrebbero trascrivere, parlando di un processo, non quello che gli garba, ma tutto il procedimento.
Dire tutto per non dire nulla, questo sembra il principio.

Il 9 luglio, nemmeno 3 mesi fa, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania ha sospeso la delibera del Consiglio comunale di Augusta che impediva le riprese audiovisive a chiunque non fosse stato preventivamente autorizzato.


Il Tar ha ritenuto che il regolamento comunale sia stato adottato in violazione dei "diritti di partecipazione attiva dei cittadini all’attività dell’amministrazione comunale".

Ora è chiaro che come cittadini non siamo più disposti a pagare con i nostri soldi le vostre consulenze legali, se continuate a porvi in questa maniera.
Riteniamo che vi dobbiate accollare personalmente come consiglieri le spese eventuali che potranno sorgere da un eventuale contenzioso legale relativo a questa materia.

Tale maggioranza inoltre è supportata dall’Italia dei Valori, che ha fatto della trasparenza dei Consigli Comunali una battaglia politica, così come Rifondazione Comunista.
Chiediamo espressamente a queste forze politiche come si rapportano ad un Regolamento così censorio.

Tale strumento normativo, per quanto espresso sopra, contravviene al dettato dell’art. 21 della Costituzione, agli indirizzi espressi in materia dall’autorità garante della privacy e da ogni logica di buon senso e ragionevolezza.
Noi dichiariamo fin d’ora che disattenderemo a queste norme illegittime.

E, per usare le parole di Oriana Fallaci,

“Vi sono momenti nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”. E questo è uno di quei momenti.

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